Scuola e canto corale

Negati per il canto

Ma davvero nelle scuole italiane si canta?

Leggo tanti commenti indignati per indicazioni che sconsigliano il canto nelle classi nell'ambito delle precauzioni anti COVID. Non entro nel merito, dato che didattica, virologia, epidemiologia e quant'altro mi renda competente in materia. Rifletto solo sullo stato dell'educazione musicale in Italia e ricordo un episodio.

Ero alle scuole medie e si preparava un piccolo saggio natalizio. Non avevamo mai cantato nulla nelle ore di educazione musicale prima di quel giorno in cui il professore, al pianoforte, ci fece una piccola audizione. Attaccai appena le prime parole di "Tu scendi dalle stelle" o "Astro del ciel" e il prof mi zittì stizzito e mi mandò al posto. Per fortuna non ho mai avuto l'ambizione di suonare o cantare per professione, ho sempre amato ascoltare e studiare la musica lasciandola fare agli altri. Però ricordo l'umiliazione di quel momento, l'effetto di quel "Tu no" pronunciato da un docente, senza possibilità di replica. Da allora ho sempre avuto timore ad aprir bocca, ho sempre saputo che ci sarebbe stato qualcosa di sbagliato in quel che cantavo. Per me, me ne importa poco: quando son sola canto tutto quel che ho voglia di cantare. Quando sono in compagnia, però, se un insegnante mi avesse mostrato un po' più di spirito costruttivo, magari sarei meno intimidita e un po' meno stonata. L'intonazione è anche questione psicologica, raramente fisiologica e irreversibile. Non sarà senz'altro giusto illudere chi aspira a una carriera, ma a livello di scuola dell'obbligo si può certo aiutare e coinvolgere un po' di più.

Ad ogni buon conto, davvero si canta nelle scuole? Mi auguro davvero che lo si faccia per bene, non come ai miei tempi, e che passi l'idea che cantare o suonare a scuola non è un passatempo insulso, ma nemmeno una competizione accessibile solo a chi ha talento o è indirizzato a diventare un musicista professionista. Mi piacerebbe che la musica fosse considerata parte del patrimonio di una persona, a prescindere da quel che sarà il suo mestiere o il suo indirizzo di studi. Invece, solo un paio di mesi fa un amico pianista mi ha invitata a provare il suono del suo nuovo strumento e io ho sentito le dita paralizzarsi. Chissà, al saggio delle medie potevano benissimo non prendermi, ma se invece di mandarmi al posto dopo due parole e farmi sentire senza speranza mi avessero dato un riscontro un po' più empatico e costruttivo ora magari due o tre arpeggi li avrei tentati.

Ah, per la cronaca, nel saggio di Natale partecipai comunque suonando il flauto, e nemmeno male per quel che si può fare alle medie con un tubo di plastica (mi impegnai molto). Peccato che la mia collocazione strumentale sia stata imposta come ripiego per un'imbarazzante e irreversibile incapacità, non in maniera costruttiva come soluzione migliore.

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