Leggende rossiniane

Gioachino, o della bufala

Una volta ogni quattro anni si festeggia il compleanno di Rossini (ma a Pesaro, giustamente, si è consolidata anche la celebrazione del "non compleanno") e in questo 2020 la data tanto attesa è sfumata in quarantena: concerti, ritrovi, brindisi si sono trasferiti a domicilio e diffusi on line. Festa virtuale in tempo di smart working.

Ci rifaremo, certo, ma nel frattempo, spostandosi la festa nel web, la rete riporta anche a galla tante leggende, bufale e falsità in circolazione. Modernissimo in tutto, abile orchestratore di piani di lettura, illusioni, ironie, inganni e ambiguità, Rossini ha giocato lui stesso con la sua maschera e aneddoti fantasiosi, immagini travisate circolavano ampiamente quando lui era in vita. Oggi, la fortuna delle fake news che viaggiano agili e veloci on line, non fa che rinnovare anche questa pseudostoria rossiniana. 

Ne riassumo qualcuna.

La sepoltura. Ecco che perfino media pesaresi (persino il sito del Comune!) riferiscono di Gioachino sepolto a Parigi, al cimitero di Père Lachaise. Sì, in effetti nel 1868 Rossini fu inumato lì, ma vi rimase solo diciannove anni: nel 1887 fu traslato nella basilica di Santa Croce a Firenze, dove tuttora riposa e riceve l'omaggio di appassionati e istituzioni. 

Il duetto dei gatti. Una volta per tutte: non è di Rossini. Potrà essere carino e simpatico finché volete, ma non è di Rossini e lo si sa da decenni, anche se qualcuno fa finta di niente e continua a riportarlo a suo nome. Si tratta di un pastiche inglese che utilizza temi dalla Katte-Cavatine del danese Christoph Ernst Friedrich Weyse e dall'Otello di Rossini. Uno dei tanti giochi musicali nati sulla scia della Rossinimania ottocentesca, ma senza che lui vi mettesse mano.

Il carattere. Rossini soffrì di depressione. Il suo volto allegro, gioviale, burlone non è che una parte del suo carattere, sovente una maschera. Spiritoso, arguto lo fu senz'altro, e anche buon amico in compagnia (nonché collega generoso e attento), ma ebbe eccome il suo lato oscuro e autentiche crisi nervose. Una personalità estremamente complessa, difficile da definire, ma assai lontana dall'icona semplificata del pacioso gourmet pigro e burlone.

Il viaggio a Reims. Questa non me l'aspettavo proprio, eppure è successo. Qualcuno ha trascritto male una voce di wikipedia (chiarissima) ed ecco che è circolata una fantasticheria delle più assurde, addirittura che Richard Strauss avrebbe diretto alla Scala la cantata scenica composta da Rossini per l'incoronazione di Carlo X. Rossini, in realtà, ritirò la partitura dopo poche recite, ne trasferì alcuni numeri nel Comte Ory, mentre da copie clandestine derivarono rielaborazioni per il matrimonio di Franz Joseph ed Elisabeth (Il viaggio a  Vienna) e per celebrare la Comune parigina (Andremo a Parigi?). L'opera scomparve e fu considerata perduta fino al 1984, quando l'edizione critica ricostruita da Janet Johnson e Philip Gossett è stata portata in scena da Claudio Abbado e Luca Ronconi al Rossini Opera Festival e da allora è tornata in repertorio. Richard Strauss in un concerto scaligero aveva diretto un brano spurio costruito su temi rossiniani, principalmente i ballabili dal Siège de Corinthe, e detto "Sinfonia del Viaggio a Reims", ma che con Il viaggio a Reims non ha, sostanzialmente, a che fare.

Altre ce ne saranno senz'altro, come la miriade di aneddoti che infarciscono le sue biografie e continuano a essere creduti veri. Il nodo fra realtà, finzione, apparenza sembra proprio il destino del genio ambiguo nato in un giorno che spunta solo ogni quattro anni.

 

 

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